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Appunti di percorsi creativi: "Il pensiero sotteso al design"

  Ricominciare a scrivere dopo un lungo silenzio ed una presa di distanza dal mondo della scrittura vuol dire ritornare sui propri passi e non è facile, specialmente se sei un creativo visuale che usa la scrittura per lo stretto necessario a spiegare i propri progetti.  È difficile dover spiegare a chi ti legge i motivi per cui hai deciso di aprire una pubblicazione sul web, o non pensare al modo come veicolare gli argomenti di cui volta per volta andrai a trattare sapendo a priori che non sono argomenti comuni ma sono piuttosto rivolti a poche persone.  Penso che il primo post deve essere una prefazione su ciò che vorremmo scrivere nei post successivi. Deve rappresentare la nostra linea immaginaria su cui appuntare gli argomenti di cui vorremmo parlare, un riferimento per tutte quelle volte che perdiamo di vista lo scopo per cui si scrive, un appunto da rileggere ogni volta che vengono a mancare le motivazioni per continuare, un assunto da rivedere al bisogno per riorganizzare il prop

Radici

 

Sara era stata costretta a prendersi un periodo di riposo dal lavoro. Il motivo era la convocazione da un notaio per l'eredità di una zia paterna di nome Elide, di cui lei ignorava l'esistenza. Il fatto l’aveva molto sorpresa, dal momento che il padre le aveva sempre detto di essere solo al mondo. Arrivò dal notaio nel pomeriggio, questi le spiegò che lei era l’unica erede di un'antica tenuta appartenuta da più di un secolo alla sua famiglia. 

– Capisco signorina la sua sorpresa, ma non si preoccupi, sono sicuro che la tenuta le piacerà moltissimo. – le disse il notaio – Sua zia Elide l'ha sempre curata personalmente ed è in buono stato. Ora le do la chiave del cancello d’ingresso ed una mappa per raggiungerla, provvederò anche ad avvisare i custodi del suo arrivo. Visitarla e soggiornarci le servirà per sapere qualcosa di più di sua zia e della famiglia di suo padre – 

– Grazie, lei è molto gentile – disse Sara e uscì dallo studio per recarsi alla tenuta. 

Seguendo le indicazioni della mappa si trovò a costeggiare delle mura di recinzione coperte da edera, e nel punto dove era indicata l’entrata Sara si trovò di fronte un cancello di ferro di antica forgiatura. Scese dall'auto ed osservando il cancello disse – Che strano! Questo cancello mi pare di averlo già visto da qualche parte – 

Prese dunque la chiave che le aveva dato il notaio, e aprì. Davanti a lei si mostrò un bellissimo viale di salici piangenti, ai due lati correvano delle siepi basse di ligustro, a percorso ondulato, e dei frutteti misti. Il profumo che si sentiva era molto piacevole, alcuni alberi erano in fioritura, altri avevano già i frutti. 

Riprese dunque l'auto e si incamminò adagio. 

Mentre guidava, ogni tanto, si avvicinava al volante per osservare dal parabrezza i salici, e si sentiva rapita dalla bellezza e dalla maestosità di quei giganti. Anche quel viale le sembrava di averlo già attraversato, erano dei fiochi ricordi forse di quando era bambina, e la sensazione di conoscere quel posto divenne ancora più forte quando si trovò davanti all'abitazione. 

Intorno allo spiazzo che la circondava, correva un filare di aceri le cui foglie d’autunno assumevano dei colori spettacolari. L'abitazione era costituita da due corpi: uno aveva un tetto spiovente, così inclinato da toccare il terreno, ed una facciata tutta vetrata, quello affianco era un cubo in mattoni di cotto al cui piano terra tutt’intorno girava un portico. 

Davanti all'abitazione la attendevano due anziani coniugi, erano i custodi. I due appena lei fu scesa dall'auto si avvicinarono e si presentarono – Ben arrivata signorina, io sono Ezio e questa è mia moglie Olga – 

– Salve sono Sara – stringendo la mano ad entrambi. 

– Venga, le mostro la casa – disse la signora Olga – mio marito provvederà a portarle i bagagli nella stanza e domani le mostrerà il resto della tenuta – 

La signora Olga le mostrò per prima il corpo di fabbrica cubico, al piano terra vi era la zona giorno e al piano superiore la zona notte, poi le mostrò il corpo di fabbrica con il tetto spiovente. Il tetto era tutto in legno, al piano terra c’era un salotto a doppia altezza sul quale si affacciava una stanza del piano superiore. 

– Ho pensato di sistemarla nella stanza da letto di sua zia, – disse Olga indicando la stanza al piano superiore - così avrà modo di conoscere qualcosa di lei. Sa quando era bambina lei è stata qui, ma forse non se lo ricorda! – 

– Quando sono entrata nella tenuta attraverso il viale mi sono venuti alla mente dei lontani ricordi – rispose Sara. 

Sotto la stanza da letto c’era lo studio dove zia Elide lavorava. Dallo facciata dello studio, anch’essa vetrata, si accedeva ad un portico e da lì ad un roseto. Il tetto del portico era per metà una pergola coperta dalla chioma di un albero che si trovava proprio di fronte, nel vederlo Sara ne fu affascinata ed esclamò – Che bello! È secolare! – 

Si trattava di un faggio, il suo tronco mostrava i segni del tempo ma la sua chioma era ancora rigogliosa. 

Allora, Olga prese a dire – Fu piantato dal suo bisnonno in occasione del suo matrimonio, e ha visto crescere tutti i discendenti della sua famiglia tranne suo padre e lei. Ques’albero ha visto tanti momenti belli della sua famiglia, e poi ha visto anche quelli brutti. Se solo potesse parlare le potrebbe raccontare tutto ciò che ha visto e sentito, e che io posso dirle solo per quello che mi è stato riferito, da sua zia e dalla gente che abita in questo paese da più tempo di me – 

Mentre Olga andò a preparare la cena Sara fu lasciata sola a prendere dimistichezza con la casa. Fece una piccola passeggiata per il roseto, le rose in fiore avevano uno splendido profumo, poi tornò al portico e si sedette sotto quel faggio. Pensava agli odori di quel posto, alla storia della sua famiglia di cui non conosceva niente, al padre che le aveva sempre detto di essere solo al mondo. Voleva conoscere, sapere e solo in quel posto poteva trovare le risposte alle tante domande che si affollavano nella sua testa. Quel posto celava le radici da cui tutto ebbe inizio. 

Era ormai ora di cena, Sara e i due custodi cenarono assieme nella sala da pranzo, e dopo si trasferirono nel portico, dove Ezio e Olga raccontarono la storia del padre di Sara e della signora Elide. Il padre di Sara e sua sorella erano rimasti orfani da ragazzi, e avevano rotto i rapporti a seguito del matrimonio di Elide con un uomo spregevole. 

I due, dopo la morte dell’uomo, si erano rivisti per riallacciare i rapporti in un’unica occasione, quella in cui anche Sara era stata alla tenuta, ma il riavvicinamento non avvenne. La signora Elide non avendo avuto figli suoi avrebbe voluto rivedere sua nipote, ma il fratello lo aveva impedito ed Elide aveva rispettato la sua volontà anche dopo che egli era morto. 

Dopo il racconto i due coniugi si ritirarono per la notte, ma Sara, nonostante la stanchezza non aveva sonno, e quindi, ne approfittò per guardare tutte le foto di famiglia che si trovavano incorniciate su un comò nello studio della zia. Tra le tante foto, in una, riconobbe suo padre da giovane e lei piccola che le stava al fianco, proprio sotto quel faggio di fronte al portico. Era proprio vero, se solo quell’albero avesse potuto parlare avrebbe raccontato dei giochi dei bambini intorno a lui, dei sorrisi degli adulti nel vederli, delle lacrime versate per le tragedie e di quelle versate per la cattiveria, di una famiglia e delle sue radici, della loro storia, degli eventi, delle gioie e dei dolori che l’hanno accompagnata.

 Racconto breve inedito partecipante al concorso a tema "Alberi" – anno 2008

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